
Sono tanti i macchinisti ferroviari in Italia che hanno lavorato a stretto contatto con l’amianto tra gli anni ’70 e ’90. Allora la pericolosità del minerale non era ancora stata riconosciuta ufficialmente, pertanto se ne faceva largo uso per coibentare le cabine di guida locomotive. Inutile dire che la dispersione delle fibre killer toccava livelli altissimi.
Quando i primi macchinisti ferroviari hanno cominciato ad ammalarsi di mesotelioma il sospetto che c’entrasse l’amianto è cominciato a venire a molti. Dopo quasi trent’anni, purtroppo, ci sono ancora vittime dell’uso scellerato e privo di protezioni di tale materiale e il caso di Maurizio Di Meo non è che l’ultimo di una lunga serie.
La famiglia dell’operaio originario di Colleferro aveva infatti richiesto all’INAIL un risarcimento per il decesso dell’uomo a causa di un mesotelioma pleurico dovuto proprio alla sua attività come macchinista. Tuttavia, l’ente aveva avuto l’ardire di respingere la richiesta della vedova, insinuando che non vi fosse modo di dimostrare l’effettiva connessione tra i due eventi.
Solo grazie all’intervento dell’avvocato Ezio Bonanni (presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto) è stato possibile smuovere la situazione. Secondo i giudici del Tribunale di Velletri, infatti, la comparsa del mesotelioma costituisce un “nesso di casualità in base a giudizi scientifici specifici”, che dimostra come la malattia contratta da Di Meo sia diretta conseguenza della sua attività lavorativa.
La sentenza ha quindi disposto che l’INAIL risarcisse alla famiglia del macchinista 80.000 euro di arretrati (il decesso dell’uomo di soli 60 anni risale al 2018), nonché il versamento di un vitalizio da 1.600 euro mensili. Una piccola vittoria che sancisce per l’ennesima volta il diritto alla tutela per le vittime dell’amianto.
Secondo i numeri riportati nei registri INAIL, sono 852 i casi di mesotelioma nel settore dei trasposti terrestri e aerei (aggiornati al 2018). Di questi, almeno 69 hanno interessato i macchinisti ferroviari, ma il numero potrebbe essere destinato a salire ulteriormente con la comparsa di nuovi casi.
La lotta all’amianto non è ancora finita, per questo bisogna che le istituzioni continuino a lavorare alacremente affinché episodi come quello appena descritto non si verifichino di nuovo.
Dopo la lettura della sentenza, l’avvocato Bonanni ha tenuto a ribadire che è assurdo che le povere famiglie delle vittime debbano tutt’oggi affrontare calvari legali quando le correlazioni tra mesotelioma ed esposizione all’amianto sono ormai ampiamente dimostrate e assodate.