La Società Chimica Larderello: un capitolo chiave della chimica industriale italiana

La Società Chimica Larderello, fondata nel 1818 nella frazione omonima nel comune di Pomarance, rappresenta una delle pietre miliari dello sviluppo chimico-industriale italiano. Con oltre due secoli di storia, l'azienda si è distinta come un pilastro tecnologico e produttivo, specializzandosi nella produzione di acido borico e borati.

Questi materiali strategici hanno trovato applicazione in settori fondamentali quali l’energia nucleare, l’elettronica e la chimica industriale. Tuttavia, dietro i successi e l'innovazione si celano sfide complesse, come la tutela della salute dei lavoratori e la mitigazione dell’impatto ambientale, che hanno caratterizzato profondamente la storia dell'impresa.

 

L’innovazione nella produzione chimica

La Società Chimica Larderello deve la sua fama mondiale alla capacità di sfruttare in maniera pionieristica le risorse naturali del territorio toscano, in particolare i soffioni boraciferi, una delle prime fonti naturali di energia geotermica conosciute. Grazie a processi tecnologici avanzati per l’epoca, l’azienda è riuscita a estrarre e lavorare il borace in modo efficiente, rendendolo disponibile per una vasta gamma di applicazioni industriali. Tra i prodotti più noti si annoverano l’acido borico, utilizzato nella produzione di vetro resistente, smalti per ceramiche, detergenti, nonché componenti elettronici e materiali per il settore nucleare.

Il successo produttivo dell'azienda ha contribuito allo sviluppo economico e industriale non solo della Toscana ma dell’intero paese, rendendo Larderello un punto di riferimento per l’industria chimica internazionale. Tuttavia, l’espansione e la spinta verso l’innovazione si sono spesso accompagnate a pratiche industriali che, sebbene ritenute normali nel contesto storico, hanno generato significativi rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

 

L’amianto: il lato oscuro del progresso industriale



Uno degli aspetti più controversi della storia della Società Chimica Larderello è l’ampio impiego di amianto come materiale isolante. Utilizzato per le sue proprietà ignifughe e di resistenza al calore, l’amianto era largamente presente in tutta l’infrastruttura aziendale: dai rivestimenti delle pareti ai tetti, fino alle guarnizioni delle condutture e dei serbatoi. Sebbene inizialmente considerato un materiale straordinario, si è rivelato estremamente pericoloso per la salute umana, in particolare a causa delle fibre cancerogene rilasciate nell’aria, responsabili di malattie letali come l’asbestosi, il mesotelioma e il carcinoma polmonare.

Un caso simbolico è quello di B.A., un ex dipendente della Società Chimica Larderello, la cui lunga carriera come operatore chimico dal 1967 al 1999 lo ha esposto quotidianamente a livelli elevati di amianto. Le sue mansioni, che comprendevano il monitoraggio e la manutenzione degli impianti, lo costringevano a operare in ambienti contaminati, spesso senza adeguati dispositivi di protezione. L’esposizione prolungata ha avuto conseguenze drammatiche sulla sua salute, portando a un lungo iter legale per ottenere giustizia.

Il caso di B.A. rappresenta solo uno dei tanti esempi delle drammatiche conseguenze dell’uso di amianto nell’industria italiana. Dopo il pensionamento, B.A. ha iniziato a manifestare sintomi di gravi malattie polmonari, riconducibili all’esposizione all’amianto. Tuttavia, il percorso per ottenere il riconoscimento dei propri diritti è stato lungo e tortuoso. Nonostante le evidenze mediche e ambientali, l’INPS ha inizialmente respinto la sua richiesta di una pensione maggiorata, prevista per i lavoratori esposti a sostanze pericolose.

Grazie all’intervento dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), B.A. ha intrapreso una battaglia legale durata oltre un decennio. Le perizie tecniche hanno dimostrato l’ampia presenza di amianto nello stabilimento e l’esposizione continuativa del lavoratore, portando la Corte d’Appello di Firenze a riconoscergli una pensione maggiorata del 50%, con arretrati pari a 100 mila euro. Questo caso emblematico evidenzia le difficoltà incontrate dai lavoratori per ottenere giustizia e sottolinea l’importanza di una maggiore tutela legale e sanitaria.

 

L’impegno per la bonifica e la prevenzione



La vicenda di B.A. non è un caso isolato, ma rientra in una più ampia problematica legata all’uso indiscriminato dell’amianto nell’industria italiana. Ancora oggi, numerosi siti industriali rimangono contaminati, rappresentando una minaccia concreta per la salute pubblica. L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) si impegna attivamente nella bonifica di questi luoghi e nella sensibilizzazione riguardo ai rischi legati all’amianto.

Le ristrutturazioni effettuate negli anni ‘80 negli stabilimenti di Larderello, che includevano l’adozione di misure come la foderatura delle coibentazioni in amianto con lamiere protettive, sono giunte troppo tardi per molti lavoratori già compromessi dalla lunga esposizione. Questo ritardo sottolinea la necessità di politiche industriali più responsabili e di interventi preventivi efficaci per garantire la sicurezza dei lavoratori.

La questione dell’amianto non si limita alla Società Chimica Larderello, ma rappresenta una sfida globale. L’ampio utilizzo di questo materiale in tutto il mondo ha causato un’emergenza sanitaria su vasta scala, con milioni di persone colpite da patologie correlate. Anche oggi, siti contaminati non bonificati continuano a rappresentare una minaccia significativa, sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo.

Un esempio particolarmente rilevante riguarda le Forze Armate italiane, dove l’amianto è stato utilizzato per decenni in numerose applicazioni. Tra le storie più drammatiche emergono quelle del Colonnello Carlo Calcagni, vittima di esposizioni multiple a sostanze tossiche, e del Maresciallo Nicola Panei, colpito da asbestosi dopo anni di servizio nell’Aeronautica Militare. Questi casi evidenziano la necessità di interventi urgenti per proteggere i lavoratori e le comunità esposte.
 

La sinergia tra scienza, diritto e società civile



Per affrontare efficacemente la complessità del rischio amianto, è fondamentale una collaborazione interdisciplinare. L’ONA ha sviluppato una rete che coinvolge medici, legali, tecnici e criminologi, con l’obiettivo di fornire supporto alle vittime e promuovere una cultura della prevenzione. Iniziative come la creazione di una banca dati nazionale sulle esposizioni all’amianto, grazie al contributo di esperti come l’ingegnere Flavio Domenichini, rappresentano strumenti cruciali per monitorare e gestire il rischio.

La collaborazione con enti come l’Osservatorio Vittime del Dovere e l’Accademia della Legalità ha inoltre permesso di sviluppare progetti educativi e di sensibilizzazione, finalizzati a garantire giustizia per le vittime e a prevenire ulteriori tragedie. Questo approccio integrato è un modello virtuoso per affrontare una problematica di tale portata.

La storia della Società Chimica Larderello è emblematica di un’epoca in cui il progresso industriale prevaleva spesso sulla tutela della salute e dell’ambiente. Tuttavia, offre anche una lezione importante: è possibile affrontare le conseguenze di scelte sbagliate attraverso il riconoscimento delle responsabilità, la giustizia per le vittime e l’impegno verso un futuro più sostenibile.

Guardando al futuro, la sfida è quella di promuovere una cultura industriale che metta al centro la prevenzione, la sicurezza e la gestione responsabile delle risorse. Solo trasformando le lezioni del passato in azioni concrete sarà possibile costruire un mondo più sicuro, equo e rispettoso della dignità umana.

 

Continuare la lotta all’amianto è fondamentale



Come si evince dalla vicenda della Società Chimica Larderello, la lotta all’amianto rappresenta una delle sfide più cruciali per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. L’amianto, un materiale ampiamente utilizzato nel XX secolo per le sue proprietà ignifughe, isolanti e di resistenza, è oggi riconosciuto come un grave pericolo per la salute umana.

Le fibre di amianto, se inalate, possono causare malattie mortali come l’asbestosi, il mesotelioma e il carcinoma polmonare. Queste patologie, spesso silenti per decenni, si manifestano in forma aggressiva e sono difficilmente curabili. In Italia, dove l’uso dell’amianto è stato vietato con la Legge 257 del 1992, rimangono ancora migliaia di edifici, impianti industriali e infrastrutture contenenti questo materiale pericoloso. La bonifica è quindi una priorità imprescindibile.

Oltre all’impatto sanitario, l’amianto rappresenta una minaccia ambientale di vasta portata. L’abbandono incontrollato di materiali contenenti amianto, come tetti in eternit o tubazioni, può contaminare il suolo e le falde acquifere, mettendo a rischio interi ecosistemi. La lotta all’amianto non si limita dunque alla prevenzione delle esposizioni dirette, ma implica anche un’attenzione costante alla corretta gestione e smaltimento dei rifiuti. È necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi connessi e promuovere interventi mirati, come censimenti, monitoraggi e bonifiche, garantendo il supporto economico e tecnico alle comunità colpite.

L’importanza di questa battaglia risiede non solo nella protezione delle generazioni attuali, ma anche nella costruzione di un futuro più sicuro e sostenibile. Investire nella ricerca di tecnologie innovative per la rimozione e lo smaltimento dell’amianto può rappresentare un’opportunità per creare posti di lavoro e rafforzare un’economia verde. Parallelamente, l’educazione e la formazione di personale specializzato sono fondamentali per affrontare questa emergenza in modo efficace e responsabile. La lotta all’amianto non è solo una questione di salute pubblica, ma un impegno etico verso la salvaguardia del pianeta e della vita.





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