Il recente rapporto ISS pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sull’emergenza amianto in Italia rappresenta un'importante fonte di informazione sull’incidenza delle malattie legate a questo materiale pericoloso, nonostante la sua messa al bando nel 1992 con la legge n. 257. Il documento delinea in modo approfondito il legame tra l’amianto e le patologie che colpiscono soprattutto chi ha vissuto o lavorato in aree particolarmente esposte, e mette in evidenza l’urgenza di un impegno continuato nella bonifica dei siti contaminati e nella sorveglianza epidemiologica.
Nel decennio 2010-2020, sono stati registrati in Italia 16.993 decessi a causa del mesotelioma maligno, il tumore maggiormente associato all’esposizione all’asbesto. Questa patologia ha colpito soprattutto gli uomini, con 12.276 casi rispetto ai 4.717 riscontrati nelle donne.
Il tasso di mortalità standardizzato è risultato essere pari a 3,79 decessi per 100.000 abitanti tra gli uomini e a 1,1 per le donne. Tra le regioni maggiormente colpite si annoverano il Piemonte, la Lombardia, la Liguria e la Valle d’Aosta. La concentrazione di casi nelle regioni del Nord Italia non sorprende, considerando la storica presenza di industrie che utilizzavano ampiamente amianto in settori come la cantieristica navale e la produzione di manufatti.
Tale scenario evidenzia quanto l’amianto, noto come il "killer silente" continui a influire sulla salute pubblica anche dopo oltre tre decenni dalla sua messa al bando, mostrando una mortalità superiore alla media nazionale in diverse aree geografiche.

Un dato particolarmente allarmante emerso dal rapporto riguarda l’incidenza dei decessi per mesotelioma maligno in persone con meno di 50 anni. Tra i quasi 17.000 decessi registrati, 279 riguardano individui in questa fascia di età, una categoria tradizionalmente meno colpita dalla malattia. Questa statistica suggerisce un’esposizione indiretta o ambientale all’asbesto, poiché spesso tali individui non sono stati esposti all’amianto sul luogo di lavoro ma, probabilmente, in contesti extra-lavorativi o residenziali.
Le città maggiormente colpite in questa fascia di età comprendono grandi centri urbani come Milano e Napoli, ma anche località industriali come La Spezia e Casale Monferrato, zone dove l’utilizzo di amianto era parte della vita quotidiana per decenni. L’incidenza di decessi tra i più giovani sottolinea l’importanza di un monitoraggio costante per evitare nuove esposizioni e di politiche preventive a lungo termine. In questi contesti, la bonifica dei siti contaminati, anche laddove non risultino attualmente operativi, rappresenta un passo essenziale per la prevenzione.
Nel rapporto si osserva anche che, sebbene la malattia colpisca prevalentemente gli uomini, anche un numero considerevole di donne è stato vittima dell’esposizione all’amianto, in particolare nel Nord Italia. La maggior parte di queste donne non lavorava direttamente a contatto con l’amianto, ma è stata esposta indirettamente, ad esempio, tramite membri della famiglia che operavano in ambienti contaminati o vivendo in prossimità di fabbriche che trattavano il minerale.
Questo fenomeno, denominato esposizione paroccupazionale, mette in evidenza la persistenza del rischio anche per chi non ha mai lavorato a contatto con l’asbesto. L’impatto ambientale dell’amianto dimostra quanto la pericolosità di questo materiale vada oltre i confini dei luoghi di lavoro, portando alla necessità di riconoscere il rischio anche per esposizioni secondarie e di includerle nei programmi di tutela sanitaria.

Un aspetto particolarmente significativo affrontato dal rapporto ISS è la possibile connessione tra l’esposizione all’amianto e altre forme di tumore, oltre al mesotelioma. In Lombardia, si stima che circa il 30% dei decessi per tumore ovarico sia collegato all’asbesto, specialmente nei comuni vicini a industrie che ne facevano largo uso.
Questo collegamento è particolarmente rilevante perché evidenzia come le problematiche sanitarie legate all’amianto possano estendersi oltre le patologie classiche, come il mesotelioma e i tumori polmonari, colpendo anche il sistema riproduttivo.
Il report ISS invita a una maggiore considerazione di queste neoplasie nei programmi di sorveglianza epidemiologica, al fine di valutare appieno l’impatto sanitario dell’amianto. Il riconoscimento della correlazione tra amianto e tumore ovarico, infatti, evidenzia la necessità di ampliare l’ambito delle malattie asbesto-correlate, includendo patologie che finora non erano tradizionalmente associate al minerale.

Uno dei messaggi chiave del rapporto ISS è la necessità di interventi più incisivi e coordinati per affrontare l’emergenza amianto. Questo obiettivo richiede la collaborazione tra le istituzioni sanitarie, gli enti locali e le comunità. Le priorità evidenziate nel documento includono la bonifica dei siti contaminati, l’assistenza psicologica e sanitaria per le vittime e per i loro familiari, e l’attivazione di un programma di monitoraggio costante.
Tra i programmi di sorveglianza citati nel rapporto si trova il Progetto SEPRA, promosso dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), che mira a mantenere un controllo continuo sulla salute delle popolazioni esposte, monitorando le potenziali nuove esposizioni e il rischio per i lavoratori e i residenti in aree contaminate. Inoltre, il rapporto ISS sottolinea l’importanza della prevenzione attraverso l’eliminazione dell’amianto ancora presente negli edifici pubblici e privati, per evitare futuri casi di esposizione involontaria.
Un contributo significativo al dibattito sulla sicurezza e la prevenzione dei rischi legati all’amianto proviene anche dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA). Secondo l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, i numeri riportati nel rapporto potrebbero addirittura sottostimare l’effettivo impatto dell’asbesto sulla salute pubblica. Questo perché diagnosticare le malattie legate all’amianto risulta complesso, e spesso vi è una tracciabilità incompleta delle esposizioni.
L’ONA propone un rafforzamento delle attività di monitoraggio e l’ampliamento dei criteri di riconoscimento delle malattie correlate all’amianto, sottolineando la necessità di un intervento urgente per garantire una sorveglianza sanitaria più estesa, una maggiore copertura delle bonifiche e il sostegno alle vittime. In questo contesto, l’organizzazione rivendica una giustizia sociale per chi è stato inconsapevolmente esposto, sollecitando anche un miglioramento delle politiche di tutela e risarcimento.

Il rapporto dell’ISS rappresenta un’analisi fondamentale per comprendere come, nonostante la sua messa al bando, l’amianto continui a costituire una minaccia per la salute pubblica in Italia. Le misure messe in atto fino ad oggi non sono state sufficienti a eliminare completamente il rischio, e le statistiche testimoniano l’urgenza di un piano d’azione più vasto e articolato.
Il consolidamento dei programmi di bonifica, il miglioramento della sorveglianza sanitaria e l’introduzione di politiche preventive capaci di ridurre le esposizioni future sono le priorità. Le istituzioni devono inoltre riconoscere l’importanza delle esposizioni paroccupazionali e ambientali, comprendendo pienamente l’estensione delle malattie asbesto-correlate e rispondendo alle istanze di giustizia sociale avanzate dalle vittime e dalle loro famiglie.
L’obiettivo comune deve essere non solo la riduzione dei rischi sanitari, ma anche la creazione di un sistema di prevenzione capace di garantire un ambiente sicuro per le generazioni presenti e future, in un’Italia finalmente libera dalla minaccia dell’amianto.