
La contaminazione del suolo ad opera dell’amianto deve essere monitorata con cura al fine di valutarne il grado di pericolosità. Contrariamente a quanto si crede, tale evento non si verifica soltanto in aree interessate dalle costruzioni umane (come siti industriali dismessi o edifici abbandonati), ma può manifestarsi spontaneamente anche in natura (disgregazione di pietre verdi).
Vista l’ampia varietà di scenari in cui si può verificare la contaminazione del suolo, è cruciale eseguire campionamenti mirati e analisi approfondite. Esistono molte metodologie (sia tradizionali che innovative) per trovare risposte precise e sono tutte raccolte in un documento INAIL redatto il 3 dicembre 2020, che si basa su quanto previsto dal d.lgs. 152/06.
Fra i metodi più utilizzati in Italia e nel resto del mondo, c’è il campionamento incrementale, che prevede cioè l’acquisizione dei campioni da punti differente dell’area da esaminare. Inoltre, è importante ricordare che tale operazione comporta diversi rischi.
Vi è infatti la possibilità di compromettere i risultati delle analisi se non si eseguono le procedure correttamente. Bisogna fare particolare attenzione ai campioni superiori ai 2 cm che potrebbero non essere rilevati in fase di setacciatura ma che potrebbero tuttavia contenere amianto.
È altresì importante che gli operatori utilizzino tutti i dispositivi di protezione personale del caso, visto che le operazioni di macinazione e omogeneizzazione rischiano di rilasciare nell’aria le pericolose fibre cancerogene dell’asbesto.
Il suolo può definirsi contaminato se si riscontra una percentuale di peso in amianto superiore allo 0,1% in terreni provenienti da siti industriali o residenziali, oppure dello 0,01% nel caso dei siti agricoli. Se tali valori vengono rilevati, scattano immediatamente le procedure per determinare il migliore metodo d’intervento per eseguire la bonifica.
Il d.lgs. 152/06 nell’allegato 5, sottolinea che le migliori tecniche da impiegare per verificare la contaminazione del suolo sono: la Spettroscopia Infrarosso in Trasformata di Fourier (FTIR) e la Diffrazione a Raggi X (DRX). Esse risultano idonee a verificare l’effettivo superamento dei limiti di amianto nel terreno previsti dalla legge, direttamente sul campo.
Possono offrire una rapidità d’analisi assoluta grazie ad apparecchiature portatili e facili da trasportare. Inoltre, tramite un’apposita strumentazione, riducono le possibilità di danneggiare il campione e il conseguente rischio di esposizione alle fibre nocive.
Per le basse concentrazioni di amianto, invece, si usano tecniche quali: la Microscopia Ottica in Luce Polarizzata (MOLP) o in Contrasto di Fase (MOCF), oppure la Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) o Trasmissione (TEM) equipaggiata con Sistema di Dispersione di Energia (EDS).