
Purtroppo bisogna parlare per l’ennesima volta della presenza dell’amianto nei cantieri navali siciliani. Per la precisione è a Palermo che si è pronunciata la sentenza più recente di risarcimento in favore di un ex operaio, ormai deceduto nel 2020, a causa di un mesotelioma maligno epitelioide.
L'amianto è stato ampiamente utilizzato nei cantieri navali nel corso del XX secolo, principalmente per le sue proprietà isolanti, resistenza al calore e alla corrosione. Tuttavia, la sua presenza ha causato gravi preoccupazioni per la salute occupazionale e ambientale, di cui ancora oggi gli ex operai pagano il salatissimo conto.
Nei cantieri navali, la presenza di tale materiale era comune soprattutto nelle navi più vecchie e nelle architetture navali, dove gli MCA erano utilizzati per isolare le pareti, i pavimenti e le strutture. Durante le operazioni di riparazione, manutenzione o smantellamento dei suddetti mezzi che contengono amianto, esiste un rischio significativo di esposizione occupazionale.
Fortunatamente, negli ultimi anni, i cantieri navali e l'industria marittima hanno adottato misure più rigorose per affrontare il problema. Ciò include la rimozione sicura dell'amianto esistente, la sostituzione di materiali contenenti amianto con alternative sicure e la messa in atto di procedure per proteggere i lavoratori durante le attività che possono comportare l'esposizione all'amianto.
Nonostante tutti gli accorgimenti, i danni causati ai lavoratori di vecchia data si fanno ancora sentire. È il caso di un ex operaio del cantiere navale di Trapani che, in 50 anni di attività è stato esposto ripetutamente alle fibre killer dell’asbesto riportando una delle forme tumorali polmonari più gravi. Il decesso è avvenuto nel 2020, ma solo oggi la vedova ha finalmente potuto ottenere i riconoscimenti che le spettavano.
Il tutto a causa dell’INAIL che, come spesso accade, invece di lavorare per tutelare i malati, sembra remare contro nel tentativo di eludere l’assistenza obbligatoria prevista dalla legge. Solo con l’intervento dell’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) è stato possibile ribaltare la sentenza e ottenere un risarcimento di 45.000 euro (più gli arretrati).
Il problema è che questi fondi sarebbero dovuti servire per aiutare l’uomo mentre era in vita a sostenere le dispendiose cure mediche, e invece, come sempre, arrivano in maniera postuma quando ormai è troppo tardi.