In un cantiere di Bari sono stati rinvenuti alcuni manufatti in presunto cemento amianto. Nessuno di questi era stato preventivamente trattato secondo le normative di sicurezza, pertanto tutta l’area è stata posta sotto sequestro e il proprietario dell’impresa edile denunciato dalle autorità. Una storia che purtroppo in Italia è ormai all’ordine del giorno.
La segnalazione è arrivata da parte di un cittadino preoccupato che, passando vicino al cantiere insito nel quartiere Libertà a Bari ha notato qualcosa di sospetto. Appoggiate al muro dell’edificio in cui erano in corso lavori di ristrutturazione, c’erano infatti una quindicina di onduline (coperture per il tetto) e una tubazione, avvolte alla bene e meglio in un semplice telo di plastica.
Una pattuglia della polizia locale si è presentata sul posto per verificare la segnalazione e ha scoperto una preoccupante realtà. Oltre ai manufatti all’ingresso dello stabile, è stato trovato un operaio intento a sezionarne altri sul lastrico solare. Inutile dire che tutte le operazioni stavano venendo eseguite senza alcun trattamento fissativo, o protezioni per i lavoratori.
Il sezionamento delle onduline in presunto cemento amianto è intatti estremamente pericoloso se eseguito senza le dovute precauzioni e strumenti, soprattutto perché la rottura dei manufatti causa lo sbriciolamento del materiale e la dispersione delle microfibre killer di cui è costituito (che ricordiamo essere estremamente cancerogene).
Dopo aver bloccato i lavoratori, le autorità hanno provveduto a recintare lo stabile con rete metallica e nastro bicolore, oltre ad apporre i sigilli che indicano il sequestro dell’intero fabbricato. Sono state poi chiamate delle squadre specializzati che hanno provveduto a rendere inerti i manufatti in presunto cemento amianto, con gli appositi trattamenti.
Sono stati prelevati anche dei campioni da inviare all’Arpa Puglia per l’identificazione dei materiali costituenti. Nel mentre il proprietario dell’impresa è stato denunciato e nominato custode giudiziario in attesa della sentenza per non aver redatto un piano di lavoro chiaro relativo alla rimozione dei rifiuti pericolosi.
Una brutta storia che, purtroppo, in Italia è all’ordine del giorno. In tanti preferiscono smaltire l’amianto in maniera illegale piuttosto che investire su un’attività di rimozione sicura e professionale. La causa sono le spese sostenute e la dilazione delle tempistiche che rischiano di ritardare i lavori sugli stabili.