
La presenza di amianto nel Ponte Morandi a Genova era sta ipotizzata da alcuni soccorritori dopo che alcuni cani impiegati nella sciagura erano prematuramente deceduti per malattie asbesto correlate. Il sindacato dei vigili del fuoco aveva pertanto presentato un’istanza nel tentativo di ottenere risposte più concrete.
La tragedia che ha colpito il capoluogo ligure il 14 agosto del 2018 ha fatto discutere l’opinione pubblica in lungo e in largo. Troppe le responsabilità e molte le lamentele dei cittadini rimaste inascoltate fino al giorno della sciagura. A tutto questo, poi, si è aggiunta la denuncia da parte di alcuni soccorritori intervenuti per prestare assistenza nei primi momenti dopo il crollo.
Sembra infatti che tra le macerie ci fosse una discreta presenza di materiale contenente amianto, il pericoloso minerale largamente impiegato in edilizia tra gli anni ’70 e ’90, che è noto per essere estremamente cancerogeno. Preoccupati, i vigili del fuoco hanno quindi fatto un esposto nel tentativo di ricevere una qualche sorta di tutela e, pochi giorni fa, la procura si è pronunciata in merito alla questione.
Il procuratore aggiunto Francesco Pinto e il sostituto procuratore Arianna Ciavattini, hanno esaminato attentamente le prove fornite e si sono affidati ai rilevamenti fatti in loco nelle ore successive la tragedia. Secondo quanto emerso, il quantitativo di amianto nel Ponte Morandi non superava i livelli di guardia, pertanto non costituiva alcun rischio per la salute degli intervenuti.
In più, è stato sottolineato come, in caso di emergenze di quell’entità, alcune normative legate alla sicurezza dei dipendenti vengono considerate sospese. In pratica, chi ha incaricato i soccorritori quel fatidico giorno non ha commesso alcun reato, poiché si è attenuto ai protocolli standard.
Ecco l’estratto originale dai documenti della procura: “La maggior esposizione al pericolo per alcune categorie professionali discende dalle finalità dell'istituto, quali proprio l'intervento in situazioni emergenziali e di pericolo per la pubblica incolumità" asserisce il procuratore. “È quindi inevitabile che le caratteristiche ontologiche delle attività espletate dagli appartenenti al corpo dei vigili del fuoco in condizioni di emergenza siano incompatibili con la sanzione penale".